FOCUS: Ubs Italy rimane cauta su usd, pesano tensioni commerciali
MILANO (MF-NW)--La retromarcia sui dazi da parte dell’amministrazione statunitense ha riportato la calma sui mercati: la volatilità si è riallineata alla media storica, la borsa americana è tornata in positivo da inizio 2025 e il rendimento dei Treasury a 10 anni si è posizionato a metà strada tra il livello di inizio anno e i minimi di aprile. Il dollaro continua invece a mostrare segni di debolezza, con il cambio eur/usd che è salito di quasi il 9% da fine 2024.
"Probabilmente gli investitori hanno apprezzato la reattività
dell’amministrazione americana e la sensibilità dimostrata nei confronti diun mercato che aveva reagito in modo fortemente negativo. Si ritiene che questa attenzione possa limitare la portata di nuove iniziative potenzialmente indigeste per le borse", afferma Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs WM Italy. Potrebbero avere inciso anche i sondaggi sulla popolarità di Donald Trump: il tasso di approvazione del presidente Usa è sceso al 46%, dal 52% di metà gennaio, secondo Real Clear Politics.
RESTA INCERTEZZA SULLE TRATTATIVE USA-CINA
"La calma dei mercati, però, non trova pieno riscontro nei dati", avverte l'esperto. Infatti, anche dopo la riduzione dei dazi verso la Cina, il tasso effettivo applicato alle merci in ingresso negli Stati Uniti è stimato intorno al 15%. "Un'aliquota tariffaria molto inferiore al 25% temuto fino a inizio maggio, ma resta comunque sei volte superiore al 2,5% in vigore pochi mesi fa ed al livello più alto dagli anni 40", evidenzia Ramenghi. L'amministrazione Trump sta inoltre lavorando a un aumento più mirato su alcune categorie di merci inizialmente escluse, come prodotti farmaceutici, minerali critici, legname, rame e semiconduttori. "Ipotizzando che questi settori rappresentino circa 500 miliardi di dollari di importazioni e che venga applicato un dazio del 25%, l'aliquota tariffaria effettiva degli Stati Uniti aumenterebbe di ulteriori 4 punti percentuali", spiega il manager.
IL DEFICT FISCALE USA COMPLICA L'AGENDA DI TRUMP
Un aspetto che potrebbe mitigare l’impulso protezionista è legato al bilancio federale Usa, gravato da un forte deficit. Il governo americano ha bisogno di maggiori entrate per estendere i tagli fiscali varati nella prima presidenza Trump e ora in scadenza (considerando le promesse fatte dal partito repubblicano, si parla di 4-5 mila miliardi di dollari in 10 anni), osserva Ramenghi. Nel frattempo, i tagli alla spesa pubblica, stimati di 1.500 miliardi di dollari, su una serie di programmi sociali come Medicaid e assistenza alimentare si sono rivelati altamente controversi. "Una recessione renderebbe impossibile perseguire l’agenda economica di Trump", puntualizza l'esperto. Infatti, i danni economici causati dall'aumento dei dazi supererebbero l’effetto delle maggiori entrate tariffarie, secondo il Peterson Institute for International Economics.
UBS RIMANE CAUTA SUL DOLLARO
"Dopo il forte recupero delle ultime settimane, la scorsa settimana
abbiamo parzialmente ridotto l’esposizione al mercato azionario americano
riportandola in posizione neutrale, in linea con le altre principali borse. Siamo complessivamente costruttivi e vediamo opportunità in alcuni temi di lungo termine come intelligenza artificiale, elettrificazione e longevità. I rendimenti obbligazionari sono rimasti relativamente elevati, offrendo opportunità sulle obbligazioni di buona qualità che hanno caratteristiche anticicliche. Siamo invece ancora cauti sul dollaro poichè le guerre commerciali spesso portano a svalutazioni valutarie", conclude Ramenghi.
lvi
MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)
2016:20 mag 2025