FOCUS: che cosa accadrà dopo l'estate tra dazi e turbolenze geopolitiche (Intermonte)
MILANO (MF-NW)--"Le ultime decisioni prese dal presidente Trump, come il licenziamento di Lisa Cook, membro del Board of Governors della Federal Reserve, e la rimozione della direttrice del Bureau of Labor Statistics McEntarfer, insieme alle attese di un ormai prossimo taglio dei tassi d'interesse da parte della Fed - con il mercato che prezza 125 punti base di tagli entro il settembre 2026 - hanno contribuito a mantenere il dollaro al di sotto del picco di svalutazione toccato a inizio luglio, quando il biglietto verde ha raggiunto quota 1,18" afferma Antonio Cesarano, Chief global strategist di Intermonte.
"Si potrebbe quindi ipotizzare", prosegue l'esperto, "che buona parte del differenziale di credibilità tra Stati Uniti ed Europa sia stato già prezzato. Nel breve termine, le indicazioni di forza relativa delle economie (Citi Surprise Index Usa vs Eurozona), insieme a quelle di eccesso di posizioni corte USD (Risk Reveral Eur-Usd 1y) segnalano un possibile apprezzamento del dollaro fino ad area 1,13/1,15".
"Pesano anche i timori di fragilità dell'Area Euro, soprattutto a causa delle difficoltà emerse in Francia e del protrarsi delle tensioni in Ucraina, con le ultime provocazioni russe (sconfinamenti aerei e missili su postazioni diplomatiche europee in Ucraina) che stanno riaccendendo la discussione sull'utilizzo delle riserve russe congelate in Europa", spiega Cesarano.
"In prospettiva, l'eventuale intensificarsi del rischio geopolitico potrebbe portare ad un apprezzamento del dollaro, che, per quanto con minore credibilità rispetto al passato, potrebbe essere ancora visto come bene rifugio in circostanze estreme, data la mancanza di alternative valide. Inoltre", continua lo strategist, "dando per scontato il ribaltamento da parte della Corte Suprema della sentenza sui dazi pronunciata dalla Corte d'Appello, le entrate riconducibili alle tariffe commerciali potrebbero in parte arginare i timori sui conti pubblici americani, per quanto questi rimangano comunque sotto forti pressioni. Con importazioni per 3000 miliardi di dollari circa e dazi medi intorno al 18%, le entrate riconducibili ai dazi dovrebbero aggirarsi in media intorno ai 350/400 mld di dollari annui, cifra che più che bilancerebbe l'aumento del deficit del One Big Beautiful Bill, stimato dal Congressional Budget Office in 3400 mld di dollari su un orizzonte decennale".
"A contribuire alla migliore percezione dei conti pubblici Usa anche l'eventuale prosecuzione dell'effetto 'fiscal dominance', ossia tassi nominali che fino al 10y rimangono relativamente contenuti o calanti, malgrado il rialzo delle attese di inflazione. Il mondo delle obbligazioni Usa 3-10 anni ha di fatto recepito il messaggio con cali generalizzati dei tassi e, in prospettiva, la Fed potrebbe risentire molto delle ingerenze governative che spingono per tagli dei tassi anche in presenza di spinte inflattive", spiega l'esperto. "Bessent ha lasciato intendere che tiene sotto osservazione proprio la 'pancia della curva' (cosiddetta 'belly' ossia il tratto 3-10 anni): le prossime emissioni potrebbero focalizzarsi maggiormente proprio su questo tratto, aiutando a ridurre il costo del debito, se i tassi medi sul segmento 3-10 anni si avvicineranno di più al costo medio attuale del debito Usa (circa 3,30%)".
"In sintesi", conclude Cesarano, "nel breve periodo l'Eur-Usd potrebbe spingersi fino a 1,13/1,15, per poi tornare in area 1,18/1,20 intorno alla fine dell'anno o entro il primo trimestre 2026. Nel corso del prossimo anno, invece, è atteso un possibile ritorno in area 1,10/1,12".
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0218:10 set 2025