FOCUS: dazi Usa e stimoli fiscali aumentano rischi di inflazione strutturale (Wellington Management)
MILANO (MF-NW)--Il crescente protezionismo statunitense sta amplificando molte delle caratteristiche distintive della nuova era economica: accelera la deglobalizzazione e peggiora il trade-off tra inflazione e crescita, aumentando i premi al rischio e i rendimenti globali. Lo affermano John Butler e Eoin O'Callaghan, macro strategist di Wellington Management, aggiungendo che l'agenda "America First" dell'amministrazione Trump dovrebbe determinare nel tempo una riallocazione strutturale dei flussi globali di capitale, allontanandoli dagli Stati Uniti.
"L'economia globale sta diventando meno integrata, con ostacoli maggiori ai flussi transfrontalieri di manodopera e capitali e pressioni crescenti sulle catene di fornitura, mentre u responsabili politici sembrano sempre meno disposti a sopportare il costo politico necessario per riportare in modo sostenibile l’inflazione verso l’obiettivo", osservano gli esperti, sottolineando che i governi continuano ad allentare la politica fiscale. "Forse il dato macro più rilevante degli ultimi cinque anni è stata la riluttanza quasi generale, in particolare tra le economie avanzate, a ridurre i disavanzi fiscali, nonostante la forte crescita nominale e la disoccupazione ai minimi storici", evidenziano gli economisti. Tassi di disoccupazione bassi (e crescita nominale elevata) dovrebbero normalmente tradursi in una riduzione dei deficit fiscali, grazie alle maggiori entrate. Tuttavia, negli ultimi anni, ciò non è avvenuto. Al contrario, i governi di tutto il mondo hanno speso questi margini ciclici, sottolineano gli strategist.
Di fronte ai dazi, ancora una volta, i governi rispondono a uno shock negativo dal lato dell'offerta con un nuovo allentamento fiscale, che secondo le proiezioni si tradurrà nel più significativo stimolo fiscale dal 2010, con l'eccezione della pandemia Covid. "Tra gli aspetti positivi, le misure di stimolo introdotte in Paesi come Germania, Giappone e Cina dovrebbero sostenere la domanda interna e contribuire a riequilibrare gli squilibri globali, ma il prezzo potrebbe essere un’inflazione strutturalmente più elevata", avvertono gli esperti di Wellington Management. Il motivo? Diversamente dal 2010, quando l'economia globale presentava un ampio margine di capacità inutilizzata e segnali evidenti di crisi (tasso di disoccupazione elevato), l’attuale allentamento fiscale si innesta in un contesto di disoccupazione vicina ai minimi degli ultimi 40 anni e con un'inflazione core ben al di sopra dell'obiettivo.
In secondo luogo, proseguono gli strategist, anche la politica monetaria globale si sta orientando verso un allentamento. Sebbene negli Usa la Federal Reserve sembri restia a tagliare i tassi a causa del potenziale impatto inflazionistico dei dazi e della politica fiscale espansiva della Casa Bianca, le Banche centrali del resto del mondo hanno già iniziato a ridurre i tassi, mentre il Giappone ha interrotto il ciclo di rialzi. "Il risultato è che i tassi sono ora nettamente inferiori al tasso di crescita nominale del Pil globale. Prima dello shock dei dazi non era affatto chiaro che l’impostazione della politica globale fosse restrittiva. Oggi lo è ancora meno", concludono gli economisti.
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1415:16 lug 2025