MF ANALISI: Mediobanca; il difficile arriva adesso: le tre sfide per Siena

di Ignazio Angeloni, economista

ROMA (MF-NW)--Della conquista di Mediobanca da parte di Montepaschi, sancita lunedì 8 dal raggiungimento di un livello di adesioni pari a 62,3%, colpisce non solo il contrasto con qualunque aspettativa formulabile anche solo un anno fa sul destino delle due banche; un capovolgimento così totale da richiamare, se è consentito il riferimento evangelico, il detto secondo cui gli ultimi sono destinati a diventare i primi. Colpisce anche la rapidità con cui si è realizzata una convergenza così importante - che con la riapertura supererà probabilmente i due terzi necessari per la fusione - fra gruppi di azionisti che - bisogna ritenere o almeno sperare - condividono una visione sul futuro di questa combinazione fra realtà così diverse. A oggi non è dato sapere con precisione quale sia questa visione, posto che il materiale presentato agli investitori suscita più domande di quante risposte dia. Ma il solo fatto che l’accordo si sia realizzato, in un Paese in cui è sempre stato più facile dividersi che andar d’accordo, fa ben sperare.

Per il bene delle banche coinvolte e del Paese che le ospita ora bisogna mettere da parte le riserve e augurarsi che, anzi lavorare affinché, gli sviluppi futuri giustifichino rosee speranze e non foschi timori. Quello che è certo è che i problemi non finiscono qui; anzi, quelli veri cominciano ora. La compagine dei "conquistatori" ha tre sfide da affrontare, tutte complicate e a breve termine. La prima è quella di acquisire, da parte delle cordate azionarie di controllo, una reputazione nella guida e nella conduzione di un progetto bancario di questa portata. Nessuno dei principali azionisti ha un track record in questo campo. Non solo; almeno un paio di elementi militano contro la possibilità che questa reputazione sia acquisita facilmente e rapidamente. Il primo è l’impressione diffusa che questa sia un’operazione di matrice politica: guidata da un governo con motivazioni deboli - non vi è nessuna evidenza che un sistema bancario tripolare sia superiore a uno duopolistico, anche volendo accettare che il mercato di riferimento sia quello nazionale - forse soprattutto per simpatie o antipatie personali o (appunto) politiche. Il secondo elemento è che i due principali motori dell’iniziativa (Delfin e Caltagirone) hanno interessi eminentemente industriali, il che giustifica il timore che l’aggiunta di una componente bancaria dia luogo a conflitti di interesse. Il fatto che tecnicamente si tratti di una banca che acquista un’altra banca non basta a fugare i timori, tanto evidente è l’influenza che i suddetti gruppi hanno nel guidare la mano del pur bravo Luigi Lovaglio, che si è fatto portabandiera dell’operazione.

La seconda sfida è individuare e comunicare un progetto industriale convincente. Qui torniamo ai dubbi espressi tante volte: come si combina un intermediario retail essenzialmente locale con una banca di investimento attiva su altre aree e in altri mercati? Possono fondersi due culture così diverse? La sentenza è ai posteri, ma già si intuisce che il progetto acquista senso solo se non finisce qui: cioè se è il punto di partenza per altre aggregazioni che aiutino la coesione del tutto. A oggi il modello di banca universale pluriservizi, con tutti i suoi difetti, è vincente in Italia e in Europa, per le sinergie che sviluppa e perché consente di diversificare i ricavi stabilizzando la redditività. Muovere in questa direzione significa rafforzare la componente retail espandendola geograficamente e combinarla con una presenza importante nella gestione del risparmio e negli strumenti assicurativi e pensionistici. L’espansione verso Generali, che il gossip ha sempre suggerito essere la vera ragione di questa scalata, può diventare ex-post l’unico modo di darle un senso. E anche di darle una prospettiva europea e globale, che oggi è l’unica che veramente conta.

Infine la terza sfida, collegata alle altre due, è sviluppare un dialogo positivo con i regolatori, in primo luogo con la Bce. La Vigilanza di Francoforte è stata criticata da alcuni per aver approvato la scalata; una critica non giustificata, a mio avviso. Nell’approvarla ha però detto che si attende chiarimenti sulla governance e sul progetto entro sei mesi dalla sua eventuale riuscita. Da oggi il tempo comincia a stringere.

Il primo passaggio cruciale è la nomina dei nuovi amministratori e del nuovo management, prevista per l’assemblea di Mediobanca del 28 ottobre. Con l’auspicabile selezione di una compagine forte e indipendente si darebbe un segnale che potrebbe essere decisivo nell’orientare positivamente le fasi successive. Qui viene in mente un altro detto, meno autorevole del precedente e che esiste solo in inglese: you can make a first impression only once. (milanofinanza.it)

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1509:54 set 2025